SFRUTTAMENTO? NO GRAZIE.

  • Gennaio 28, 2011 20:23
La vicenda che ha colpito gli operai di Mirafiori ha fatto pensare 
tutti quanti. La crisi e lo sfruttamento padronale sono ritornati ad 
essere degni di cronaca. La società capitalistica è caratterizzata da 
ritmi incessanti e dalla divisione netta tra chi opprime e vive sulle 
spalle di molti e chi è costretto a lavorare e deve mantenere quei 
pochi arroganti oppressori. Il sistema odierno impone di vivere per 
lavorare. Gli operai di Mirafiori fino ad ora hanno lavorato otto ore al 
giorno e come tutti i lavoratori salariati non hanno una vita degna di 
questo nome…tutto ciò per soddisfare le esigenze di un padrone! Noi 
studenti dobbiamo opporci a questa situazione sociale in quanto futuri 
lavoratori oppure saremo sfruttati fino alla fine dei nostri giorni.
Perché sprecare la vita a lavorare otto ore producendo cose futili 
per il lusso di qualcuno, quando si potrebbe lavorare molto meno per noi 
stessi? Produrre e servire: è questo lo scopo della nostra vita. A 
scuola ci insegnano a diventare produttivi e ad essere rappresentati da 
un voto che è espressione della nostra redditività! E ce lo ricorda 
Marchionne in questi mesi. Se qualcuno pensa ancora che questa sia solo 
la situazione dei metalmeccanici, che dopo un diploma o una laurea (per 
chi se la potrà permettere) si riuscirà ad ottenere un lavoro piacevole 
e vivere una vita tranquilla, non si illuda. Già non è così per i nostri 
genitori e la situazione peggiorerà se ci limitiamo all’indifferenza. 
Condurre una vita di precariato con miseri stipendi aspettando una 
ridicola pensione, ecco quello che ci spetta. Noi anarchici non vogliamo 
lavorare fino a settanta anni per poi avere una misera pensione da 
spendere in psicofarmaci e terapie contro i cento tumori che 
infesteranno i nostri corpi. Chiamateci pigri, ma se essere pigro 
significa fermarsi a pensare e godere la propria vita, allora lo 
prenderemo come un complimento.

Oggi non manifesteremo con la FIOM, poiché da 30 anni ha deciso di 
sedersi ai tavoli dei padroni, svendendo con la strategia della 
concertazione tutto quello che i lavoratori si erano guadagnati col loro 
sudore e impedendo ogni forma di lotta autorganizzata. Un sindacato di 
Stato che s’impegna, quando va bene, per un capitalismo dal volto umano.
Nessun accordo con chi ci sfrutta. Azione diretta contro il 
capitalismo!

CONTRO LO SFRUTTAMENTO E IL CAPITALISMO, AZIONE DIRETTA E LOTTA

  • Gennaio 28, 2011 19:58

A Torino la giornata del 28 gennaio ha visto la partecipazione di molte “categorie lavorative e non” alla manifestazione di piazza indetta dalla FIOM e dai sindacati di base.

Anche noi anarchici vi abbiamo partecipato: alcuni in veste di studenti e altri di precari, disoccupati e lavoratori. Ma prima di tutto vi abbiamo partecipato con lo spirito che da sempre ha contraddistinto gli anarchici: stare dalla parte di chi lotta per la vita, la libertà e la dignità.

Per noi, oggi, manifestare in piazza con la FIOM non ha significato condividerne le scelte e approvarne le mosse politiche, ma contestarne il comportamento e gli anni di lotte svendute ai padroni per scendere a patti e compromessi.

Oggi siamo scesi in piazza dalla parte dei lavoratori, che ogni giorno subiscono i ricatti e le offese dei padroni. Non è solo Marchionne a minacciare i lavoratori, ma tutti i padroni, che come tali vanno aboliti.

Speravamo che questa data, qui a Torino, sarebbe significata la ripresa del movimento studentesco, ma almeno in parte questa speranza si è rivelata vana.

E’ vero, c’erano molti studenti in piazza, ma ciò non basta per far ripartire un movimento.

Come anarchici pensiamo che tutte le lotte siano l’espressione (consapevole o non) di un’ opposizione al sistema vigente, governato da politicanti e padroni.

Per questo motivo eravamo in piazza anche come studenti: la lotta contro la Gelmini è lotta contro l’ignoranza, la cui presenza è direttamente proporzionale alla forza del potere statale.

La lotta dei lavoratori è, per noi, lotta alle ingiustizie e all’oppressione.

Solo se il movimento studentesco prenderà coscienza del fatto che la lotta non deve stare su terreni istituzionali, ma deve essere lotta per la libertà,potrà avere la speranza di rinascere forte come non mai.

CAST (Collettivo Anarchico Studentesco Torinese)

Una sconfitta assicurata

  • Gennaio 16, 2011 21:08

Dopo una lunga notte abbiamo appreso quale sarà il futuro degli operai di Mirafiori e forse di quasi tutte le fabbriche italiane, la schiavitù. Le catene del lavoro salariato si fanno più strette, l’oppressione capitalistica diventa così evidente, ma questo è il prezzo da pagare per salvare il sistema: rinunciare alla libertà per rimanere a galla…però l’acqua è ormai alla gola. La responsabilità non si deve attribuire a coloro che sotto ricatto hanno votato Sì. La responsabilità non è di Marchionne, sa fare il suo mestiere, è un buon padrone, anzi meglio un buon manager, un gentiluomo che ha dato la possibilità di scegliere se essere schiavi o disoccupati…Quanto è bella la democrazia!

La responsabilità è di coloro che si sono proclamati difensori dei diritti dei lavoratori e che hanno scelto deliberatamente di rinunciare alla lotta. Quelli che proclamano gli scioperi con un mese di anticipo, magari il venerdì, meglio ancora alla fine del mese, quando la produzione cala, così il padrone risparmia. Difensori dello status quo e del capitalismo dal volto umano, fervidi credenti nella costituzione, intimoriti da ogni forma di autorganizzazione e di lotta spontanea.

In questi ultimi anni i sindacati istituzionali hanno insegnato a chinare la testa. Tutte le “lotte” sono state difensive, i padroni pezzo per pezzo si sono ripresi quello che ci avevano concesso per mantenere la pace sociale. I sindacati, da buoni mediatori, hanno sempre ricercato l’accordo scongiurando in ogni modo l’accendersi di un conflitto sociale.

Il 28 gennaio però, nonostante la FIOM, può essere una giornata di lotta importante. Gli studenti hanno la possibilità di dimostrare che l’approvazione di una riforma non ferma un movimento frutto di un’incompatibilità con il presente. Se lo slogan che ha caratterizzato quest’autunno BLOCCHIAMO TUTTO, sarà fatto proprio anche dai lavoratori, potremmo far male ai padroni.

Nessun accordo con chi ci sfrutta. Azione diretta contro il capitalismo!

Chi Semina Vento Raccoglie Tempesta

  • Dicembre 14, 2010 20:02

Oggi 14 dicembre 2010 giornata di lotta per gli studenti torinesi che sono scesi in piazza per l’ennesima volta in questi mesi di mobilitazione.

Questa mattina alcune migliaia di studenti hanno formato un corteo che ha invaso le vie di Torino per far cadere questo governo. Dopo aver bersagliato la sede del PDL con il lancio di uova e fumogeni gli studenti medi hanno simbolicamente occupato per circa mezz’ora la stazione di Porta Nuova in cui, su un treno della linea Freccia Rossa, è apparsa una scritta “NO TAV”.Il corteo ha proseguito transitando davanti alla sede della regione dove ci sono stati alcuni attimi di tenzione. Malgrado essere venuti a sapere che il governo no era caduto gli studenti non hanno perso la fiducia nella lotta: nel pomeriggio è stato occupato il MIUR. Caduta la bandiera italiana è apparso un cartellone che declamava: “L’ Italia uccide ogni giorno nei CIE, in Afghanistan e nelle carceri”.

Oggi i palazzi hanno sostenuto il partito di questo Governo, ma noi sfiduciamo lo Stato e ogni suo Governo nelle nostre piazze OGGI e SEMPRE.

CHI SEMINA RIFORMA RACCOGLIE RIVOLUZIONE!

Di seguito il volantino distribuito al corteo

Sfiduciare il governo? Sfiduciamo lo Stato!

Ed eccolo il giorno in cui la protesta si prostra di fronte al potere. Dopo settimane di lotta in cui abbiamo dimostrato che un’altra scuola, un’altra università sono possibili, oggi abbassiamo la testa. Dopo aver bloccato il traffico innumerevoli volte, dopo aver occupato in svariate occasioni le stazioni, dopo che ci siamo ripresi le scuole e le facoltà e abbiamo provato a viverle senza più rapporti gerarchici in modo orizzontale e autogestito, oggi scendiamo in piazza per sfiduciare il governo e per affidarci ad uno nuovo, composto dalle stesse persone che hanno contribuito al disfacimento della scuola e dell’università. Per quanto la riforma Gelmini può sembrare catastrofica, non è altro che la punta di diamante di un processo di disfacimento dell’istruzione iniziato con la riforma Berlinguer del 2000 (governo di centro-sinistra) e portato avanti con continuità da tutti i governi di tutti i colori che si sono succeduti. Non illudiamoci quindi che un futuro governo di sinistra possa cambiare la grave situazione in cui versa il nostro sistema educativo. Le stesse persone che oggi sono viste come la nostra salvezza, coloro che ci dovrebbero guidare nella risalita dall’abisso dentro il quale siamo finiti, sono le stesse che ci hanno spinto giù.  Bersani, Di Pietro e Vendola quando erano al governo non hanno nemmeno provato a migliorare la scuola e l’università, non si sono opposti alla precarizzazione del lavoro; anzi si sono distinti per aver votato a favore della guerra in Afghanistan, per le grandi opere che devastano l’ambiente come la TAV o per aver istituito i CPT(Centri di Permanenza Temporanea), moderni lager, oggi tristemente noti come CIE.

Chiedere solo la sfiducia di Berlusconi, significa fare un passo indietro rispetto a quello che abbiamo dimostrato in questi mesi. Perché sfiduciare il governo, quando si può sfiduciare un sistema? Se una scuola può essere autogestita, perché non lo potrebbe essere una società? Abbiamo manifestato, bloccato, occupato solo per difendere quel poco che già abbiamo o per prenderci tutto quello che desideriamo?

Se oggi il governo cadrà sarà solo per giochi di palazzo. Se domani l’attuale sistema oppressivo vacillerà sarà solo per merito nostro. Non guardiamo a Roma speranzosi delegando la nostra lotta, iniziamo qui a Torino a smontare lo Stato che ci schiaccia ogni giorno e la scuola che è uno dei suoi meccanismi più efficienti. L’attuale scuola ha il solo scopo di creare buoni e soprattutto ubbidienti cittadini, che siano liberi di dire ciò che vogliono all’interno della democrazia, ma guai a loro se mostrano come sia in realtà oppressivo lo Stato o peggio se dimostrano che si possa vivere meglio senza governi e senza padroni. L’università, invece, serve solo a formare buoni dirigenti, i nuovi sfruttatori, il sapere che vi è prodotto deve rimanere all’interno delle facoltà, non può uscire fuori

Un’altra scuola è possibile: una scuola che ponga al centro i desideri e le aspirazioni dello studente, non quelle dell’adulto; una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà, non al rispetto dell’autorità e alla competizione.

Un’altra università è possibile: non un’università chiusa in se stessa, ma aperta a tutti, senza distinzione di sesso, razza, età o condizione economica, un luogo in cui l’unica merce che si possa scambiare è il sapere fine a se stesso, dove si studia quello che più interessa e non quello che più è utile al sistema produttivo.

Nessun governo ci concederà questo. Non delegare lotta!

UN PO’ QUA, UN PO’ LA’ NOI BLOCCHIAMO LA CITTA’…

  • Novembre 26, 2010 17:32

…è lo slogan riecheggiato più volte durante la giornata di protesta studentesca del 25 novembre sia a Torino che nel resto d’Italia.

A Torino la giornata del 25 novembre è iniziata con un corteo di studenti medi, poi è proseguita con un altro corteo che ha visto la partecipazione di medi, universitari e ricercatori. Questo corteo si è poi diretto verso il palazzo della Regione Piemonte, che ha risposto a suon di manganellate!!!

Ma gli studenti non si arrendono mai , e procedono in corteo verso Porta Susa, dove occupano quattro binari ferroviari per circa 20 minuti: questa è la terza occupazione dei binari in poco più di una settimana.

E la protesta continua ancora con l’occupazione della Mole Antonelliana!

E dentro le scuole: assemblee, autogestioni e occupazioni.

La facoltà umanistica di Torino, Palazzo Nuovo è occupata e alcuni studenti e ricercatori sono saliti sul tetto dell’edificio.

Nel resto d’Italia la situazione non è meno calda: a Pisa è stata occupata l’ omonima Torre, a Roma il Colosseo, e i cortei hanno invaso le città.

Il 17 novembre ha segnato davvero la svolta del movimento. In particolare a Torino, dopo l’occupazione dei binari di Porta Nuova, il movimento ha capito che se parliamo e non ci ascoltano bisogna gridare, e se chiediamo più soldi per l’istruzione e non ce li danno, allora bisogna prenderseli.

La riforma universitaria, quella delle superiori e la proposta di legge Aprea vanno ostacolate in ogni modo. Anche se parte di quelle tre riforme e proposte sono già state approvate bisogna continuare a stare nel movimento per dire che queste riforme non le vogliamo.

La scuola attuale non è la scuola per cui lottiamo, e le ultime riforme peggiorano solamente una situazione già precaria dell’istruzione.

Noi lottiamo perchè più saperi significa più libertà.

Il futuro è nostro, riprendiamocelo!

CAST (Collettivo Anarchico Studentesco Torinese)

QUALE SCUOLA SALVARE?

  • Novembre 22, 2010 11:51

Ormai da anni il movimento studentesco si mobilita per difendere l’istruzione pubblica dagli attacchi del potere, ma ne vale davvero la pena?

La scuola pubblica non è altro che la brutta copia della nostra società, infatti, il suo compito è quello di preparare i ragazzi ad affrontare la vita o meglio quello di inquadrarli in un sistema produttivo dove puoi essere operaio o dirigente, basta solo che non alzi la testa per desiderare qualcosa di diverso dalla realtà opprimente in cui vivi. Il bambino, per sua natura curioso di vedere e capire il mondo, è costretto fin dall’età di 6 anni a trascorrere la maggior parte della sua giornata seduto sui banchi ascoltando un insegnante spesso noioso e ripetitivo, in questo modo la curiosità di guardarsi attorno e di domandare perché le farfalle volano, i fiori sono colorati o la neve fredda, si affievolisce. Andare a scuola diventa un obbligo, si studia solamente perché minacciati da voti e da bocciature, gli studenti più bravi e ubbidienti sono premiati, quelli meno sono messi al fondo dell’aula o puniti. Le verifiche hanno il solo scopo di creare un clima di competizione, lo stesso del mondo esterno, per impedire che si crei un clima di solidarietà.

Istituzioni come la scuola, la fabbrica, il carcere sono per certi versi più simili che diverse. In tutte e tre la giornata è scandita da orari ben precisi che non possono essere messi in discussione; in tutte e tre ci sono pause dall’attività prestabilite, chiamate a seconda intervallo, riposo, ora d’aria; in tutte e tre ci sono punizioni per chi non fa il suo dovere, dette 5 in condotta o bocciatura, licenziamento, prolungamento di pena o carcere duro. A quanto sembra la scuola non è poi molto diversa dal mondo degli adulti, senza il suo grande lavoro di educazione all’obbedienza, forse, non accetteremmo in modo così acritico l’autorità irrazionale dello Stato e dei suoi sgherri o la prepotenza di un padrone che si crede un benefattore solamente perché dà lavoro. I difensori della scuola di Stato sostengono che essa serva ad emancipare l’individuo e a creare coscienza critica, in realtà l’educazione che ci viene impartita, per quanto libera e democratica, non metterà mai in discussione se stessa, cioè lo Stato. Creerà buoni cittadini che rispetteranno le leggi e che le considereranno necessarie e in superabili, mai individui liberi con una loro propria coscienza critica.

Noi crediamo che un’altra scuola sia possibile, una scuola che metta al centro il bambino, non gli interessi degli adulti, che dia la possibilità a tutti di studiare cosa più piace, perché è inutile studiare qualcosa che ci annoia solo per superare una verifica dimenticando tutto qualche giorno dopo. Un luogo in cui non ci siano minacce e punizioni, dove uno possa scegliere se studiare, cosa studiare e come studiare. In questo posto non esistono premi e punizioni, che sono la base del mondo degli adulti, perché servirebbero solo a spaccare la classe tra chi sa, è dotato e avrà successo e chi non sa e molto probabilmente sarà sfruttato. In questa scuola le noiose e spesso inutili lezioni frontali sono sostituite da una didattica alternativa che comprende: programmi variabili, lezioni all’aperto, lettura di libri e poesie scelti dallo studente, dibattiti, ricerche. Insomma un luogo in cui non si è e non ci si sente obbligati ad andare, ma dove si può scoprire il mondo che ci circonda soddisfando la nostra grande curiosità. Il ruolo degli educatori sarà sempre meno determinante man mano che lo studente crescerà, finché sarà del tutto inutile perché gli studenti saranno in grado di autogestirsi. Questa scuola, al contrario di quella istituzionale, non prevede un esame finale di maturità, che attesta che il ragazzo è diventato uomo ed è pronto a divenire un ingranaggio del sistema capitalista, perché nessuno, se non lo studente stesso, può valutare se il suo percorso educativo ha avuto successo.

Senza un’educazione all’obbedienza e al rispetto dell’autorità, i governanti, i padroni e i preti non si sentirebbero legittimati ad opprimerci ogni giorno. Una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà è il primo germe per una società futura di liberi e uguali.

Non sforziamoci di tenere in piedi una scuola di stato che fa acqua da tutte le parti, ma dalle sue macerie costruiamo una nuova scuola autogestita che abbia come unico fine la nostra felicità.

17 NOVEMBRE: GLI STUDENTI SI RIPRENDONO LA CITTA’

  • Novembre 17, 2010 18:52

Oggi 17 novembre, nella giornata internazionale per il diritto allo studio, più di 30’000 manifestanti hanno invaso Torino, ancora una volta la loro indisponibilità ad accettare che qualcuno decida del loro futuro. Svariati cortei hanno letteralmente bloccato il traffico della città. Studenti medi, universitari, professori, ricercatori e altri lavoratori della conoscenza si sono trovati sulle stesse strade a dire no alle politiche sulla scuola e sull’università del governo. Gli studenti universitari hanno terminato il corteo a Palazzo Campana, sede della facoltà di matematica, con un’occupazione.
I medi, dopo aver raggiunto Porta Nuova, hanno provato ad entrare nella stazione, ma le forze del (dis)ordine hanno chiuso i cancelli della stazione, perciò gli studenti sono passati da un ingresso laterale e una volta dentro hanno occupato 6 binari. La più grande stazione della regione è rimasta bloccata per 2 ore e mezza, 30 treni sono stati cancellati o hanno subito pesanti ritardi.

Oggi chi specula sulle nostre vite, non può negare di aver sentito il nostro grido e la nostra rabbia. Gli studenti hanno capito che solo con l’azione diretta si possono cambiare le cose e le azioni di oggi sono solo una piccola prova della nostra forza e della volontà di cambiare radicalmente l’esistente.

Da Brescia a Torino… siamo tutt* sulla gru!

  • Novembre 9, 2010 21:42

Da Brescia a Torino… siamo tutt* sulla gru!

È un pomeriggio di 10 giorni fa quando 6 immigrati a Brescia salgono in cima ad una gru a più di 30 metri d’altezza per protestare contro la sanatoria truffa “colf e badanti 2009” ed urlare forte, senza se e senza ma, “permesso di soggiorno per tutt*!

La sanatoria 2009, riservata in realtà a colf e badanti, ha rappresentato per migliaia di immigrati il miraggio dell’emersione dalla clandestinità. Alcuni, con speranzosa ingenuità, sono arrivati a pagare cifre comprese tra i 4.000 e gli 8.000 euro, per ritrovarsi, nel migliore dei casi, essi stessi denunciati per truffa. Questa legge razzista è stata concepita come una trappola poiché chi è senza documenti non può denunciare i finti datori di lavoro, pena la reclusione nei CIE (Centri d’identificazione ed Espulsione) e l’espulsione dal Paese per il reato di clandestinità.

Ieri, lunedì 7 novembre, alle 6 circa di mattina decine di carabinieri e poliziotti in assetto antisommossa sono intervenuti in maniera violenta sgomberando il  presidio permanente sotto la gru di Piazza Cesare Battisti a Brescia. Decine e decine di antirazzist*, migranti e italian* sono stati malmenati e manganellati dalle forze dell’ordine che hanno militarizzato la città, contemporaneamente agli immigrati sulla gru che minacciavano di gettarsi in caso di sgombero. Ad ora si contano 6 arresti, svariati denunciati e contusi oltre a circa 12 immigrati che sono stati immediatamente già rimpatriati o deportati all’interno dei CIE (Centri d’identificazione ed Espulsione).

Nonostante questo i migranti sulla gru resistono ed il presidio si è riformato più forte e numeroso di prima.

La rete “10 Luglio Antirazzista” Torino esprime piena ed incondizionata solidarietà e vicinanza ai/alle migranti in lotta, agli/alle antirazzist* caricat*, a chi subisce le violenze di uno stato razzista che priva della libertà chi, non abbassando la testa, si ribella, lotta con determinazione e per questo fa paura.

Sosteniamo la determinazione di chi dice NO alle politiche securitarie e razziste del governo, NO ad una sanatoria che per gli immigrati ha rappresentato una vera e propria truffa, NO al permesso di soggiorno a punti, a vecchi e nuovi “pacchi” sicurezza, NO al razzismo istituzionale e non.

Da Brescia a Torino…

Siamo tutt* sulla gru!!

Liber* tutt*!

Liber* subito!

Rete “10 Luglio Antirazzista” Torino

9 novembre 2010

Torino. Tre fronti antimilitaristi alla cerimonia del 4 novembre

  • Novembre 5, 2010 05:32

4 novembre. Antimilitaristi salgono sulla cancellata di Palazzo Reale, aprendo lo striscione “no a tutti gli eserciti!” durante la cerimonia dell’ammaina bandiera. In contemporanea entrano in piazza due gruppi di antimilitaristi, provenienti da via Garibaldi e via Micca.

Di seguito una breve cronaca.
Piazza Castello, ore 18. Tutto è pronto per il rituale militarista e patriottardo del 4 novembre. I burattini in divisa sono in fila, la piazza è transennata, quelli della digos sono all’erta per fermare gli antimilitaristi.

Quest’anno l’attacco arriva da tre fronti, prendendo alla sprovvista i tutori del disordine pubblico.
Da piazza Arbarello parte un plotone – invero piuttosto variopinto e disordinato – aperto da uno striscione con la scritta “Disertare la guerra!”. Slogan “fuori la guerra dalla storia, fuori l’Italia dall’Afganistan”, “4 novembre, festa degli assassini”. Prima di affacciarsi in piazza Castello, il plotone antimilitarista si ferma più volte per brevi interventi. Poco prima della piazza vengono intercettati dalla digos, si schiera l’antisommossa. La digos intima di non usare il megafono per non disturbare la cerimonia: naturalmente gli antimilitaristi disobbediscono.
Quasi subito i digos corrono via perché in centro alla piazza si è aperto il secondo fronte.
Una squadra d’assalto si è arrampicata sulla cancellata che chiude palazzo reale aprendo lo striscione “No a tutti gli eserciti” proprio di fronte ai fantocci sull’attenti che cantano l’inno.
Intanto, da via Micca, fa il suo ingresso la Clown Army: mimetica, nasi rossi, parrucche colorate e scolapaste d’ordinanza ben calcati in testa. Incedono marziali e tentano di arruolare i passanti.
Il plotone fermo in via Garibaldi finge la ritirata, e si ripresenta sotto i portici di via Micca, dove si congiunge con la Clown Army. Un veloce slalom per dribblare la polizia e tutti in piazza.
I ragazzi sulla cancellata scendono svelti e raggiungono gli altri.
La Clown Army mette in scena l’ammainatovaglia – un bel quadrettato bianco e rosso. Poi via in parata giù da via Garibaldi.
I fantaccini tricolori, mogi mogi, se ne vanno. Quest’anno, a parte i tre plotoni antimilitaristi, c’era ben poca gente alla loro celebrazione.

Nonostante i fiumi di retorica, nonostante la martellante propaganda di guerra, non tutti sono disponibili a fare “festa”, nel giorno in cui si celebra quell’immane massacro che fu la prima guerra mondiale.

In mattinata il presidente della Repubblica, l’azzimato Napolitano, aveva dichiarato con parole altisonanti che “Le dolorossime perdite di giovani vite che abbiamo dovuto sopportare ci inducono non a desistere ma persistere nel nostro impegno, a moltiplicare i nostri sforzi per onorare quei ragazzi e dare il significato più alto al loro sacrificio raccogliendone i frutti”.

Nulla è cambiato in oltre un secolo: lo Stato celebra come eroi assassini in divisa, mercenari ben pagati che in Afganistan ammazzano, torturano, devastano. E lo chiamano “peace keepinng”, missione umanitaria, soccorso alle popolazioni. Al ministro della guerra, La Russa, non bastano mortai, cingolati, ed elicotteri da combattimento, adesso vuole anche i bombardieri.

Per i centocinquant’anni dello Stato italiano vogliono tricolori ovunque: vogliono fare parate militari per un anno intero. Tante belle parole, tante cerimonie impettite, non bastano a coprire il lezzo di macelleria, che accompagna tutti gli eserciti. Ovunque.
Sulla loro strada troveranno sempre – irridenti e fermi – gli antimilitaristi.
Nostra patria è il mondo intero!

Torino. Contestati i Savoia in piazza Castello

  • Ottobre 29, 2010 15:33

Torino, 29 ottobre 2010. Al termine del corteo degli studenti medi contro la riforma Gelmini, una quindicina di anarchici ha intercettato i “reali” eredi di casa Savoia, mentre attraversavano la piazza scortati da un folto nugolo di poliziotti.
Sono subito partiti sonori slogan “Viva Gaetano Bresci, abbasso i Savoia”.

Gli anarchici non dimenticano, né la storia di ieri né quella di oggi.
Il 29 luglio del 1900 Gaetano Bresci uccise a Monza Umberto I° di Savoia, re d’Italia.

Bresci era emigrato in America: tornò in Italia per sparare al Savoia. Erano trascorsi due anni dalle cannonate sparate sulla folla che a Milano manifestava per il pane. Centinaia erano stati i morti di quella Strage di Stato, una strage per la quale Umberto in persona decorò il generale Bava Beccaris.

Per approfondimenti sulla storia passata e recente di una casata di assassini con scettro e corona leggi questo vecchio articolo.

Ricordiamo la feroce repressione del “brigantaggio” dopo l’Unità, le leggi crispine, le cannonate del 1989 contro il popolo milanese, le stragi proletarie d’inizio secolo, la legittimazione della marcia su Roma e l’appoggio al Fascismo, la creazione dell’Impero, l’uso dei gas contro i ribelli etiopi, le leggi razziali, l’entrata in guerra a fianco di Hitler, la vile fuga a Brindisi. Cose di tanto tempo fa?

La famiglia Savoia non ha certo smentito la tradizione di cui va orgogliosamente fiera, e nel periodo dell’esilio ha continuato a esercitare quella politica di rafforzamento del potere che più gli si addice, e ad esercitare i diritti-delitti che solo il suo status sociale permette.

Parliamo per esempio di affari, di guadagni, di chi non lavora ma sfrutta la ricchezza proveniente da innumerevoli rapine storiche ai danni del popolo e si arricchisce vendendo armi. Parliamo dei rapporti fra Vittorio Emanuele e il conte produttore di elicotteri da guerra Corrado Agusta, il suo più famoso mentore. Parliamo della tessera 1621 della P2, intestata a “Savoia Vittorio Emanuele, casella postale 842, Ginevra”, e sembra addirittura che questo signore abbia raggiunto il terzo grado della gerarchia massonica, oltre a bazzicare anche nella loggia di Montecarlo, altro club esclusivo dei mercanti internazionali di armi.

Parliamo ancora di quell’agosto 1987 in cui il malcapitato Dick Hammer, giovane velista tedesco, muore per un colpo di fucile scappato al principe dal suo yacht durante un litigio. Cose che capitano, come l’inevitabile assoluzione dopo il processo. I reali non finiscono certo in gabbia, lo sappiamo: le prigioni le hanno inventate loro.

W Bresci!