Archives for Novembre, 2010

UN PO’ QUA, UN PO’ LA’ NOI BLOCCHIAMO LA CITTA’…

  • Novembre 26, 2010 17:32

…è lo slogan riecheggiato più volte durante la giornata di protesta studentesca del 25 novembre sia a Torino che nel resto d’Italia.

A Torino la giornata del 25 novembre è iniziata con un corteo di studenti medi, poi è proseguita con un altro corteo che ha visto la partecipazione di medi, universitari e ricercatori. Questo corteo si è poi diretto verso il palazzo della Regione Piemonte, che ha risposto a suon di manganellate!!!

Ma gli studenti non si arrendono mai , e procedono in corteo verso Porta Susa, dove occupano quattro binari ferroviari per circa 20 minuti: questa è la terza occupazione dei binari in poco più di una settimana.

E la protesta continua ancora con l’occupazione della Mole Antonelliana!

E dentro le scuole: assemblee, autogestioni e occupazioni.

La facoltà umanistica di Torino, Palazzo Nuovo è occupata e alcuni studenti e ricercatori sono saliti sul tetto dell’edificio.

Nel resto d’Italia la situazione non è meno calda: a Pisa è stata occupata l’ omonima Torre, a Roma il Colosseo, e i cortei hanno invaso le città.

Il 17 novembre ha segnato davvero la svolta del movimento. In particolare a Torino, dopo l’occupazione dei binari di Porta Nuova, il movimento ha capito che se parliamo e non ci ascoltano bisogna gridare, e se chiediamo più soldi per l’istruzione e non ce li danno, allora bisogna prenderseli.

La riforma universitaria, quella delle superiori e la proposta di legge Aprea vanno ostacolate in ogni modo. Anche se parte di quelle tre riforme e proposte sono già state approvate bisogna continuare a stare nel movimento per dire che queste riforme non le vogliamo.

La scuola attuale non è la scuola per cui lottiamo, e le ultime riforme peggiorano solamente una situazione già precaria dell’istruzione.

Noi lottiamo perchè più saperi significa più libertà.

Il futuro è nostro, riprendiamocelo!

CAST (Collettivo Anarchico Studentesco Torinese)

QUALE SCUOLA SALVARE?

  • Novembre 22, 2010 11:51

Ormai da anni il movimento studentesco si mobilita per difendere l’istruzione pubblica dagli attacchi del potere, ma ne vale davvero la pena?

La scuola pubblica non è altro che la brutta copia della nostra società, infatti, il suo compito è quello di preparare i ragazzi ad affrontare la vita o meglio quello di inquadrarli in un sistema produttivo dove puoi essere operaio o dirigente, basta solo che non alzi la testa per desiderare qualcosa di diverso dalla realtà opprimente in cui vivi. Il bambino, per sua natura curioso di vedere e capire il mondo, è costretto fin dall’età di 6 anni a trascorrere la maggior parte della sua giornata seduto sui banchi ascoltando un insegnante spesso noioso e ripetitivo, in questo modo la curiosità di guardarsi attorno e di domandare perché le farfalle volano, i fiori sono colorati o la neve fredda, si affievolisce. Andare a scuola diventa un obbligo, si studia solamente perché minacciati da voti e da bocciature, gli studenti più bravi e ubbidienti sono premiati, quelli meno sono messi al fondo dell’aula o puniti. Le verifiche hanno il solo scopo di creare un clima di competizione, lo stesso del mondo esterno, per impedire che si crei un clima di solidarietà.

Istituzioni come la scuola, la fabbrica, il carcere sono per certi versi più simili che diverse. In tutte e tre la giornata è scandita da orari ben precisi che non possono essere messi in discussione; in tutte e tre ci sono pause dall’attività prestabilite, chiamate a seconda intervallo, riposo, ora d’aria; in tutte e tre ci sono punizioni per chi non fa il suo dovere, dette 5 in condotta o bocciatura, licenziamento, prolungamento di pena o carcere duro. A quanto sembra la scuola non è poi molto diversa dal mondo degli adulti, senza il suo grande lavoro di educazione all’obbedienza, forse, non accetteremmo in modo così acritico l’autorità irrazionale dello Stato e dei suoi sgherri o la prepotenza di un padrone che si crede un benefattore solamente perché dà lavoro. I difensori della scuola di Stato sostengono che essa serva ad emancipare l’individuo e a creare coscienza critica, in realtà l’educazione che ci viene impartita, per quanto libera e democratica, non metterà mai in discussione se stessa, cioè lo Stato. Creerà buoni cittadini che rispetteranno le leggi e che le considereranno necessarie e in superabili, mai individui liberi con una loro propria coscienza critica.

Noi crediamo che un’altra scuola sia possibile, una scuola che metta al centro il bambino, non gli interessi degli adulti, che dia la possibilità a tutti di studiare cosa più piace, perché è inutile studiare qualcosa che ci annoia solo per superare una verifica dimenticando tutto qualche giorno dopo. Un luogo in cui non ci siano minacce e punizioni, dove uno possa scegliere se studiare, cosa studiare e come studiare. In questo posto non esistono premi e punizioni, che sono la base del mondo degli adulti, perché servirebbero solo a spaccare la classe tra chi sa, è dotato e avrà successo e chi non sa e molto probabilmente sarà sfruttato. In questa scuola le noiose e spesso inutili lezioni frontali sono sostituite da una didattica alternativa che comprende: programmi variabili, lezioni all’aperto, lettura di libri e poesie scelti dallo studente, dibattiti, ricerche. Insomma un luogo in cui non si è e non ci si sente obbligati ad andare, ma dove si può scoprire il mondo che ci circonda soddisfando la nostra grande curiosità. Il ruolo degli educatori sarà sempre meno determinante man mano che lo studente crescerà, finché sarà del tutto inutile perché gli studenti saranno in grado di autogestirsi. Questa scuola, al contrario di quella istituzionale, non prevede un esame finale di maturità, che attesta che il ragazzo è diventato uomo ed è pronto a divenire un ingranaggio del sistema capitalista, perché nessuno, se non lo studente stesso, può valutare se il suo percorso educativo ha avuto successo.

Senza un’educazione all’obbedienza e al rispetto dell’autorità, i governanti, i padroni e i preti non si sentirebbero legittimati ad opprimerci ogni giorno. Una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà è il primo germe per una società futura di liberi e uguali.

Non sforziamoci di tenere in piedi una scuola di stato che fa acqua da tutte le parti, ma dalle sue macerie costruiamo una nuova scuola autogestita che abbia come unico fine la nostra felicità.

17 NOVEMBRE: GLI STUDENTI SI RIPRENDONO LA CITTA’

  • Novembre 17, 2010 18:52

Oggi 17 novembre, nella giornata internazionale per il diritto allo studio, più di 30’000 manifestanti hanno invaso Torino, ancora una volta la loro indisponibilità ad accettare che qualcuno decida del loro futuro. Svariati cortei hanno letteralmente bloccato il traffico della città. Studenti medi, universitari, professori, ricercatori e altri lavoratori della conoscenza si sono trovati sulle stesse strade a dire no alle politiche sulla scuola e sull’università del governo. Gli studenti universitari hanno terminato il corteo a Palazzo Campana, sede della facoltà di matematica, con un’occupazione.
I medi, dopo aver raggiunto Porta Nuova, hanno provato ad entrare nella stazione, ma le forze del (dis)ordine hanno chiuso i cancelli della stazione, perciò gli studenti sono passati da un ingresso laterale e una volta dentro hanno occupato 6 binari. La più grande stazione della regione è rimasta bloccata per 2 ore e mezza, 30 treni sono stati cancellati o hanno subito pesanti ritardi.

Oggi chi specula sulle nostre vite, non può negare di aver sentito il nostro grido e la nostra rabbia. Gli studenti hanno capito che solo con l’azione diretta si possono cambiare le cose e le azioni di oggi sono solo una piccola prova della nostra forza e della volontà di cambiare radicalmente l’esistente.

Da Brescia a Torino… siamo tutt* sulla gru!

  • Novembre 9, 2010 21:42

Da Brescia a Torino… siamo tutt* sulla gru!

È un pomeriggio di 10 giorni fa quando 6 immigrati a Brescia salgono in cima ad una gru a più di 30 metri d’altezza per protestare contro la sanatoria truffa “colf e badanti 2009” ed urlare forte, senza se e senza ma, “permesso di soggiorno per tutt*!

La sanatoria 2009, riservata in realtà a colf e badanti, ha rappresentato per migliaia di immigrati il miraggio dell’emersione dalla clandestinità. Alcuni, con speranzosa ingenuità, sono arrivati a pagare cifre comprese tra i 4.000 e gli 8.000 euro, per ritrovarsi, nel migliore dei casi, essi stessi denunciati per truffa. Questa legge razzista è stata concepita come una trappola poiché chi è senza documenti non può denunciare i finti datori di lavoro, pena la reclusione nei CIE (Centri d’identificazione ed Espulsione) e l’espulsione dal Paese per il reato di clandestinità.

Ieri, lunedì 7 novembre, alle 6 circa di mattina decine di carabinieri e poliziotti in assetto antisommossa sono intervenuti in maniera violenta sgomberando il  presidio permanente sotto la gru di Piazza Cesare Battisti a Brescia. Decine e decine di antirazzist*, migranti e italian* sono stati malmenati e manganellati dalle forze dell’ordine che hanno militarizzato la città, contemporaneamente agli immigrati sulla gru che minacciavano di gettarsi in caso di sgombero. Ad ora si contano 6 arresti, svariati denunciati e contusi oltre a circa 12 immigrati che sono stati immediatamente già rimpatriati o deportati all’interno dei CIE (Centri d’identificazione ed Espulsione).

Nonostante questo i migranti sulla gru resistono ed il presidio si è riformato più forte e numeroso di prima.

La rete “10 Luglio Antirazzista” Torino esprime piena ed incondizionata solidarietà e vicinanza ai/alle migranti in lotta, agli/alle antirazzist* caricat*, a chi subisce le violenze di uno stato razzista che priva della libertà chi, non abbassando la testa, si ribella, lotta con determinazione e per questo fa paura.

Sosteniamo la determinazione di chi dice NO alle politiche securitarie e razziste del governo, NO ad una sanatoria che per gli immigrati ha rappresentato una vera e propria truffa, NO al permesso di soggiorno a punti, a vecchi e nuovi “pacchi” sicurezza, NO al razzismo istituzionale e non.

Da Brescia a Torino…

Siamo tutt* sulla gru!!

Liber* tutt*!

Liber* subito!

Rete “10 Luglio Antirazzista” Torino

9 novembre 2010

Torino. Tre fronti antimilitaristi alla cerimonia del 4 novembre

  • Novembre 5, 2010 05:32

4 novembre. Antimilitaristi salgono sulla cancellata di Palazzo Reale, aprendo lo striscione “no a tutti gli eserciti!” durante la cerimonia dell’ammaina bandiera. In contemporanea entrano in piazza due gruppi di antimilitaristi, provenienti da via Garibaldi e via Micca.

Di seguito una breve cronaca.
Piazza Castello, ore 18. Tutto è pronto per il rituale militarista e patriottardo del 4 novembre. I burattini in divisa sono in fila, la piazza è transennata, quelli della digos sono all’erta per fermare gli antimilitaristi.

Quest’anno l’attacco arriva da tre fronti, prendendo alla sprovvista i tutori del disordine pubblico.
Da piazza Arbarello parte un plotone – invero piuttosto variopinto e disordinato – aperto da uno striscione con la scritta “Disertare la guerra!”. Slogan “fuori la guerra dalla storia, fuori l’Italia dall’Afganistan”, “4 novembre, festa degli assassini”. Prima di affacciarsi in piazza Castello, il plotone antimilitarista si ferma più volte per brevi interventi. Poco prima della piazza vengono intercettati dalla digos, si schiera l’antisommossa. La digos intima di non usare il megafono per non disturbare la cerimonia: naturalmente gli antimilitaristi disobbediscono.
Quasi subito i digos corrono via perché in centro alla piazza si è aperto il secondo fronte.
Una squadra d’assalto si è arrampicata sulla cancellata che chiude palazzo reale aprendo lo striscione “No a tutti gli eserciti” proprio di fronte ai fantocci sull’attenti che cantano l’inno.
Intanto, da via Micca, fa il suo ingresso la Clown Army: mimetica, nasi rossi, parrucche colorate e scolapaste d’ordinanza ben calcati in testa. Incedono marziali e tentano di arruolare i passanti.
Il plotone fermo in via Garibaldi finge la ritirata, e si ripresenta sotto i portici di via Micca, dove si congiunge con la Clown Army. Un veloce slalom per dribblare la polizia e tutti in piazza.
I ragazzi sulla cancellata scendono svelti e raggiungono gli altri.
La Clown Army mette in scena l’ammainatovaglia – un bel quadrettato bianco e rosso. Poi via in parata giù da via Garibaldi.
I fantaccini tricolori, mogi mogi, se ne vanno. Quest’anno, a parte i tre plotoni antimilitaristi, c’era ben poca gente alla loro celebrazione.

Nonostante i fiumi di retorica, nonostante la martellante propaganda di guerra, non tutti sono disponibili a fare “festa”, nel giorno in cui si celebra quell’immane massacro che fu la prima guerra mondiale.

In mattinata il presidente della Repubblica, l’azzimato Napolitano, aveva dichiarato con parole altisonanti che “Le dolorossime perdite di giovani vite che abbiamo dovuto sopportare ci inducono non a desistere ma persistere nel nostro impegno, a moltiplicare i nostri sforzi per onorare quei ragazzi e dare il significato più alto al loro sacrificio raccogliendone i frutti”.

Nulla è cambiato in oltre un secolo: lo Stato celebra come eroi assassini in divisa, mercenari ben pagati che in Afganistan ammazzano, torturano, devastano. E lo chiamano “peace keepinng”, missione umanitaria, soccorso alle popolazioni. Al ministro della guerra, La Russa, non bastano mortai, cingolati, ed elicotteri da combattimento, adesso vuole anche i bombardieri.

Per i centocinquant’anni dello Stato italiano vogliono tricolori ovunque: vogliono fare parate militari per un anno intero. Tante belle parole, tante cerimonie impettite, non bastano a coprire il lezzo di macelleria, che accompagna tutti gli eserciti. Ovunque.
Sulla loro strada troveranno sempre – irridenti e fermi – gli antimilitaristi.
Nostra patria è il mondo intero!