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18 FEBBRAIO: EDUCARE NELLA LIBERTA’ con FRANCESCO CODELLO
Per mesi siamo stati in piazza contro i tagli della Gelmini: ci siamo mai domandati se
valesse la pena lottare per questo modello educativo?
È piacevole andare a scuola? È utile?
Sì, allo Stato sicuramente.
A scuola ci insegnano a rispettare le leggi, le istituzioni, le religioni… addirittura il buon costume.
Siamo schedati con voti e verifiche, la nostra creatività resta ingabbiata tutto il giorno dentro quattro mura.
Se è vero che l’uomo nasce libero, l’istruzione di Stato lo rende ubbidiente e prontoa diventare sfruttato o sfruttatore.
Una scuola che ponga al centro i desideri e le fantasie di un bambino è possibile?
Sparse qua e là esistono scuole che provano a educare nella libertà, piccoli germi di una societàfutura di liberi e uguali
Incontro con
Francesco
dellA Rete di Educazione
Libertaria autore di numerosi
libri sulla pedagogia libertaria,
come “Vaso, creta o fiore”
18 feb.ore 21
Corso Palermo 46
Chi Semina Vento Raccoglie Tempesta
Oggi 14 dicembre 2010 giornata di lotta per gli studenti torinesi che sono scesi in piazza per l’ennesima volta in questi mesi di mobilitazione.
Questa mattina alcune migliaia di studenti hanno formato un corteo che ha invaso le vie di Torino per far cadere questo governo. Dopo aver bersagliato la sede del PDL con il lancio di uova e fumogeni gli studenti medi hanno simbolicamente occupato per circa mezz’ora la stazione di Porta Nuova in cui, su un treno della linea Freccia Rossa, è apparsa una scritta “NO TAV”.Il corteo ha proseguito transitando davanti alla sede della regione dove ci sono stati alcuni attimi di tenzione. Malgrado essere venuti a sapere che il governo no era caduto gli studenti non hanno perso la fiducia nella lotta: nel pomeriggio è stato occupato il MIUR. Caduta la bandiera italiana è apparso un cartellone che declamava: “L’ Italia uccide ogni giorno nei CIE, in Afghanistan e nelle carceri”.
Oggi i palazzi hanno sostenuto il partito di questo Governo, ma noi sfiduciamo lo Stato e ogni suo Governo nelle nostre piazze OGGI e SEMPRE.
CHI SEMINA RIFORMA RACCOGLIE RIVOLUZIONE!
Di seguito il volantino distribuito al corteo
Sfiduciare il governo? Sfiduciamo lo Stato!
Ed eccolo il giorno in cui la protesta si prostra di fronte al potere. Dopo settimane di lotta in cui abbiamo dimostrato che un’altra scuola, un’altra università sono possibili, oggi abbassiamo la testa. Dopo aver bloccato il traffico innumerevoli volte, dopo aver occupato in svariate occasioni le stazioni, dopo che ci siamo ripresi le scuole e le facoltà e abbiamo provato a viverle senza più rapporti gerarchici in modo orizzontale e autogestito, oggi scendiamo in piazza per sfiduciare il governo e per affidarci ad uno nuovo, composto dalle stesse persone che hanno contribuito al disfacimento della scuola e dell’università. Per quanto la riforma Gelmini può sembrare catastrofica, non è altro che la punta di diamante di un processo di disfacimento dell’istruzione iniziato con la riforma Berlinguer del 2000 (governo di centro-sinistra) e portato avanti con continuità da tutti i governi di tutti i colori che si sono succeduti. Non illudiamoci quindi che un futuro governo di sinistra possa cambiare la grave situazione in cui versa il nostro sistema educativo. Le stesse persone che oggi sono viste come la nostra salvezza, coloro che ci dovrebbero guidare nella risalita dall’abisso dentro il quale siamo finiti, sono le stesse che ci hanno spinto giù. Bersani, Di Pietro e Vendola quando erano al governo non hanno nemmeno provato a migliorare la scuola e l’università, non si sono opposti alla precarizzazione del lavoro; anzi si sono distinti per aver votato a favore della guerra in Afghanistan, per le grandi opere che devastano l’ambiente come la TAV o per aver istituito i CPT(Centri di Permanenza Temporanea), moderni lager, oggi tristemente noti come CIE.
Chiedere solo la sfiducia di Berlusconi, significa fare un passo indietro rispetto a quello che abbiamo dimostrato in questi mesi. Perché sfiduciare il governo, quando si può sfiduciare un sistema? Se una scuola può essere autogestita, perché non lo potrebbe essere una società? Abbiamo manifestato, bloccato, occupato solo per difendere quel poco che già abbiamo o per prenderci tutto quello che desideriamo?
Se oggi il governo cadrà sarà solo per giochi di palazzo. Se domani l’attuale sistema oppressivo vacillerà sarà solo per merito nostro. Non guardiamo a Roma speranzosi delegando la nostra lotta, iniziamo qui a Torino a smontare lo Stato che ci schiaccia ogni giorno e la scuola che è uno dei suoi meccanismi più efficienti. L’attuale scuola ha il solo scopo di creare buoni e soprattutto ubbidienti cittadini, che siano liberi di dire ciò che vogliono all’interno della democrazia, ma guai a loro se mostrano come sia in realtà oppressivo lo Stato o peggio se dimostrano che si possa vivere meglio senza governi e senza padroni. L’università, invece, serve solo a formare buoni dirigenti, i nuovi sfruttatori, il sapere che vi è prodotto deve rimanere all’interno delle facoltà, non può uscire fuori
Un’altra scuola è possibile: una scuola che ponga al centro i desideri e le aspirazioni dello studente, non quelle dell’adulto; una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà, non al rispetto dell’autorità e alla competizione.
Un’altra università è possibile: non un’università chiusa in se stessa, ma aperta a tutti, senza distinzione di sesso, razza, età o condizione economica, un luogo in cui l’unica merce che si possa scambiare è il sapere fine a se stesso, dove si studia quello che più interessa e non quello che più è utile al sistema produttivo.
Nessun governo ci concederà questo. Non delegare lotta!
QUALE SCUOLA SALVARE?
Ormai da anni il movimento studentesco si mobilita per difendere l’istruzione pubblica dagli attacchi del potere, ma ne vale davvero la pena?
La scuola pubblica non è altro che la brutta copia della nostra società, infatti, il suo compito è quello di preparare i ragazzi ad affrontare la vita o meglio quello di inquadrarli in un sistema produttivo dove puoi essere operaio o dirigente, basta solo che non alzi la testa per desiderare qualcosa di diverso dalla realtà opprimente in cui vivi. Il bambino, per sua natura curioso di vedere e capire il mondo, è costretto fin dall’età di 6 anni a trascorrere la maggior parte della sua giornata seduto sui banchi ascoltando un insegnante spesso noioso e ripetitivo, in questo modo la curiosità di guardarsi attorno e di domandare perché le farfalle volano, i fiori sono colorati o la neve fredda, si affievolisce. Andare a scuola diventa un obbligo, si studia solamente perché minacciati da voti e da bocciature, gli studenti più bravi e ubbidienti sono premiati, quelli meno sono messi al fondo dell’aula o puniti. Le verifiche hanno il solo scopo di creare un clima di competizione, lo stesso del mondo esterno, per impedire che si crei un clima di solidarietà.
Istituzioni come la scuola, la fabbrica, il carcere sono per certi versi più simili che diverse. In tutte e tre la giornata è scandita da orari ben precisi che non possono essere messi in discussione; in tutte e tre ci sono pause dall’attività prestabilite, chiamate a seconda intervallo, riposo, ora d’aria; in tutte e tre ci sono punizioni per chi non fa il suo dovere, dette 5 in condotta o bocciatura, licenziamento, prolungamento di pena o carcere duro. A quanto sembra la scuola non è poi molto diversa dal mondo degli adulti, senza il suo grande lavoro di educazione all’obbedienza, forse, non accetteremmo in modo così acritico l’autorità irrazionale dello Stato e dei suoi sgherri o la prepotenza di un padrone che si crede un benefattore solamente perché dà lavoro. I difensori della scuola di Stato sostengono che essa serva ad emancipare l’individuo e a creare coscienza critica, in realtà l’educazione che ci viene impartita, per quanto libera e democratica, non metterà mai in discussione se stessa, cioè lo Stato. Creerà buoni cittadini che rispetteranno le leggi e che le considereranno necessarie e in superabili, mai individui liberi con una loro propria coscienza critica.
Noi crediamo che un’altra scuola sia possibile, una scuola che metta al centro il bambino, non gli interessi degli adulti, che dia la possibilità a tutti di studiare cosa più piace, perché è inutile studiare qualcosa che ci annoia solo per superare una verifica dimenticando tutto qualche giorno dopo. Un luogo in cui non ci siano minacce e punizioni, dove uno possa scegliere se studiare, cosa studiare e come studiare. In questo posto non esistono premi e punizioni, che sono la base del mondo degli adulti, perché servirebbero solo a spaccare la classe tra chi sa, è dotato e avrà successo e chi non sa e molto probabilmente sarà sfruttato. In questa scuola le noiose e spesso inutili lezioni frontali sono sostituite da una didattica alternativa che comprende: programmi variabili, lezioni all’aperto, lettura di libri e poesie scelti dallo studente, dibattiti, ricerche. Insomma un luogo in cui non si è e non ci si sente obbligati ad andare, ma dove si può scoprire il mondo che ci circonda soddisfando la nostra grande curiosità. Il ruolo degli educatori sarà sempre meno determinante man mano che lo studente crescerà, finché sarà del tutto inutile perché gli studenti saranno in grado di autogestirsi. Questa scuola, al contrario di quella istituzionale, non prevede un esame finale di maturità, che attesta che il ragazzo è diventato uomo ed è pronto a divenire un ingranaggio del sistema capitalista, perché nessuno, se non lo studente stesso, può valutare se il suo percorso educativo ha avuto successo.
Senza un’educazione all’obbedienza e al rispetto dell’autorità, i governanti, i padroni e i preti non si sentirebbero legittimati ad opprimerci ogni giorno. Una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà è il primo germe per una società futura di liberi e uguali.
Non sforziamoci di tenere in piedi una scuola di stato che fa acqua da tutte le parti, ma dalle sue macerie costruiamo una nuova scuola autogestita che abbia come unico fine la nostra felicità.
17 NOVEMBRE: GLI STUDENTI SI RIPRENDONO LA CITTA’
Oggi 17 novembre, nella giornata internazionale per il diritto allo studio, più di 30’000 manifestanti hanno invaso Torino, ancora una volta la loro indisponibilità ad accettare che qualcuno decida del loro futuro. Svariati cortei hanno letteralmente bloccato il traffico della città. Studenti medi, universitari, professori, ricercatori e altri lavoratori della conoscenza si sono trovati sulle stesse strade a dire no alle politiche sulla scuola e sull’università del governo. Gli studenti universitari hanno terminato il corteo a Palazzo Campana, sede della facoltà di matematica, con un’occupazione.
I medi, dopo aver raggiunto Porta Nuova, hanno provato ad entrare nella stazione, ma le forze del (dis)ordine hanno chiuso i cancelli della stazione, perciò gli studenti sono passati da un ingresso laterale e una volta dentro hanno occupato 6 binari. La più grande stazione della regione è rimasta bloccata per 2 ore e mezza, 30 treni sono stati cancellati o hanno subito pesanti ritardi.
Oggi chi specula sulle nostre vite, non può negare di aver sentito il nostro grido e la nostra rabbia. Gli studenti hanno capito che solo con l’azione diretta si possono cambiare le cose e le azioni di oggi sono solo una piccola prova della nostra forza e della volontà di cambiare radicalmente l’esistente.