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Chi Semina Vento Raccoglie Tempesta

  • Dicembre 14, 2010 20:02

Oggi 14 dicembre 2010 giornata di lotta per gli studenti torinesi che sono scesi in piazza per l’ennesima volta in questi mesi di mobilitazione.

Questa mattina alcune migliaia di studenti hanno formato un corteo che ha invaso le vie di Torino per far cadere questo governo. Dopo aver bersagliato la sede del PDL con il lancio di uova e fumogeni gli studenti medi hanno simbolicamente occupato per circa mezz’ora la stazione di Porta Nuova in cui, su un treno della linea Freccia Rossa, è apparsa una scritta “NO TAV”.Il corteo ha proseguito transitando davanti alla sede della regione dove ci sono stati alcuni attimi di tenzione. Malgrado essere venuti a sapere che il governo no era caduto gli studenti non hanno perso la fiducia nella lotta: nel pomeriggio è stato occupato il MIUR. Caduta la bandiera italiana è apparso un cartellone che declamava: “L’ Italia uccide ogni giorno nei CIE, in Afghanistan e nelle carceri”.

Oggi i palazzi hanno sostenuto il partito di questo Governo, ma noi sfiduciamo lo Stato e ogni suo Governo nelle nostre piazze OGGI e SEMPRE.

CHI SEMINA RIFORMA RACCOGLIE RIVOLUZIONE!

Di seguito il volantino distribuito al corteo

Sfiduciare il governo? Sfiduciamo lo Stato!

Ed eccolo il giorno in cui la protesta si prostra di fronte al potere. Dopo settimane di lotta in cui abbiamo dimostrato che un’altra scuola, un’altra università sono possibili, oggi abbassiamo la testa. Dopo aver bloccato il traffico innumerevoli volte, dopo aver occupato in svariate occasioni le stazioni, dopo che ci siamo ripresi le scuole e le facoltà e abbiamo provato a viverle senza più rapporti gerarchici in modo orizzontale e autogestito, oggi scendiamo in piazza per sfiduciare il governo e per affidarci ad uno nuovo, composto dalle stesse persone che hanno contribuito al disfacimento della scuola e dell’università. Per quanto la riforma Gelmini può sembrare catastrofica, non è altro che la punta di diamante di un processo di disfacimento dell’istruzione iniziato con la riforma Berlinguer del 2000 (governo di centro-sinistra) e portato avanti con continuità da tutti i governi di tutti i colori che si sono succeduti. Non illudiamoci quindi che un futuro governo di sinistra possa cambiare la grave situazione in cui versa il nostro sistema educativo. Le stesse persone che oggi sono viste come la nostra salvezza, coloro che ci dovrebbero guidare nella risalita dall’abisso dentro il quale siamo finiti, sono le stesse che ci hanno spinto giù.  Bersani, Di Pietro e Vendola quando erano al governo non hanno nemmeno provato a migliorare la scuola e l’università, non si sono opposti alla precarizzazione del lavoro; anzi si sono distinti per aver votato a favore della guerra in Afghanistan, per le grandi opere che devastano l’ambiente come la TAV o per aver istituito i CPT(Centri di Permanenza Temporanea), moderni lager, oggi tristemente noti come CIE.

Chiedere solo la sfiducia di Berlusconi, significa fare un passo indietro rispetto a quello che abbiamo dimostrato in questi mesi. Perché sfiduciare il governo, quando si può sfiduciare un sistema? Se una scuola può essere autogestita, perché non lo potrebbe essere una società? Abbiamo manifestato, bloccato, occupato solo per difendere quel poco che già abbiamo o per prenderci tutto quello che desideriamo?

Se oggi il governo cadrà sarà solo per giochi di palazzo. Se domani l’attuale sistema oppressivo vacillerà sarà solo per merito nostro. Non guardiamo a Roma speranzosi delegando la nostra lotta, iniziamo qui a Torino a smontare lo Stato che ci schiaccia ogni giorno e la scuola che è uno dei suoi meccanismi più efficienti. L’attuale scuola ha il solo scopo di creare buoni e soprattutto ubbidienti cittadini, che siano liberi di dire ciò che vogliono all’interno della democrazia, ma guai a loro se mostrano come sia in realtà oppressivo lo Stato o peggio se dimostrano che si possa vivere meglio senza governi e senza padroni. L’università, invece, serve solo a formare buoni dirigenti, i nuovi sfruttatori, il sapere che vi è prodotto deve rimanere all’interno delle facoltà, non può uscire fuori

Un’altra scuola è possibile: una scuola che ponga al centro i desideri e le aspirazioni dello studente, non quelle dell’adulto; una scuola che educhi alla libertà e alla solidarietà, non al rispetto dell’autorità e alla competizione.

Un’altra università è possibile: non un’università chiusa in se stessa, ma aperta a tutti, senza distinzione di sesso, razza, età o condizione economica, un luogo in cui l’unica merce che si possa scambiare è il sapere fine a se stesso, dove si studia quello che più interessa e non quello che più è utile al sistema produttivo.

Nessun governo ci concederà questo. Non delegare lotta!

17 NOVEMBRE: GLI STUDENTI SI RIPRENDONO LA CITTA’

  • Novembre 17, 2010 18:52

Oggi 17 novembre, nella giornata internazionale per il diritto allo studio, più di 30’000 manifestanti hanno invaso Torino, ancora una volta la loro indisponibilità ad accettare che qualcuno decida del loro futuro. Svariati cortei hanno letteralmente bloccato il traffico della città. Studenti medi, universitari, professori, ricercatori e altri lavoratori della conoscenza si sono trovati sulle stesse strade a dire no alle politiche sulla scuola e sull’università del governo. Gli studenti universitari hanno terminato il corteo a Palazzo Campana, sede della facoltà di matematica, con un’occupazione.
I medi, dopo aver raggiunto Porta Nuova, hanno provato ad entrare nella stazione, ma le forze del (dis)ordine hanno chiuso i cancelli della stazione, perciò gli studenti sono passati da un ingresso laterale e una volta dentro hanno occupato 6 binari. La più grande stazione della regione è rimasta bloccata per 2 ore e mezza, 30 treni sono stati cancellati o hanno subito pesanti ritardi.

Oggi chi specula sulle nostre vite, non può negare di aver sentito il nostro grido e la nostra rabbia. Gli studenti hanno capito che solo con l’azione diretta si possono cambiare le cose e le azioni di oggi sono solo una piccola prova della nostra forza e della volontà di cambiare radicalmente l’esistente.