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Torino. Tre fronti antimilitaristi alla cerimonia del 4 novembre

  • Novembre 5, 2010 05:32

4 novembre. Antimilitaristi salgono sulla cancellata di Palazzo Reale, aprendo lo striscione “no a tutti gli eserciti!” durante la cerimonia dell’ammaina bandiera. In contemporanea entrano in piazza due gruppi di antimilitaristi, provenienti da via Garibaldi e via Micca.

Di seguito una breve cronaca.
Piazza Castello, ore 18. Tutto è pronto per il rituale militarista e patriottardo del 4 novembre. I burattini in divisa sono in fila, la piazza è transennata, quelli della digos sono all’erta per fermare gli antimilitaristi.

Quest’anno l’attacco arriva da tre fronti, prendendo alla sprovvista i tutori del disordine pubblico.
Da piazza Arbarello parte un plotone – invero piuttosto variopinto e disordinato – aperto da uno striscione con la scritta “Disertare la guerra!”. Slogan “fuori la guerra dalla storia, fuori l’Italia dall’Afganistan”, “4 novembre, festa degli assassini”. Prima di affacciarsi in piazza Castello, il plotone antimilitarista si ferma più volte per brevi interventi. Poco prima della piazza vengono intercettati dalla digos, si schiera l’antisommossa. La digos intima di non usare il megafono per non disturbare la cerimonia: naturalmente gli antimilitaristi disobbediscono.
Quasi subito i digos corrono via perché in centro alla piazza si è aperto il secondo fronte.
Una squadra d’assalto si è arrampicata sulla cancellata che chiude palazzo reale aprendo lo striscione “No a tutti gli eserciti” proprio di fronte ai fantocci sull’attenti che cantano l’inno.
Intanto, da via Micca, fa il suo ingresso la Clown Army: mimetica, nasi rossi, parrucche colorate e scolapaste d’ordinanza ben calcati in testa. Incedono marziali e tentano di arruolare i passanti.
Il plotone fermo in via Garibaldi finge la ritirata, e si ripresenta sotto i portici di via Micca, dove si congiunge con la Clown Army. Un veloce slalom per dribblare la polizia e tutti in piazza.
I ragazzi sulla cancellata scendono svelti e raggiungono gli altri.
La Clown Army mette in scena l’ammainatovaglia – un bel quadrettato bianco e rosso. Poi via in parata giù da via Garibaldi.
I fantaccini tricolori, mogi mogi, se ne vanno. Quest’anno, a parte i tre plotoni antimilitaristi, c’era ben poca gente alla loro celebrazione.

Nonostante i fiumi di retorica, nonostante la martellante propaganda di guerra, non tutti sono disponibili a fare “festa”, nel giorno in cui si celebra quell’immane massacro che fu la prima guerra mondiale.

In mattinata il presidente della Repubblica, l’azzimato Napolitano, aveva dichiarato con parole altisonanti che “Le dolorossime perdite di giovani vite che abbiamo dovuto sopportare ci inducono non a desistere ma persistere nel nostro impegno, a moltiplicare i nostri sforzi per onorare quei ragazzi e dare il significato più alto al loro sacrificio raccogliendone i frutti”.

Nulla è cambiato in oltre un secolo: lo Stato celebra come eroi assassini in divisa, mercenari ben pagati che in Afganistan ammazzano, torturano, devastano. E lo chiamano “peace keepinng”, missione umanitaria, soccorso alle popolazioni. Al ministro della guerra, La Russa, non bastano mortai, cingolati, ed elicotteri da combattimento, adesso vuole anche i bombardieri.

Per i centocinquant’anni dello Stato italiano vogliono tricolori ovunque: vogliono fare parate militari per un anno intero. Tante belle parole, tante cerimonie impettite, non bastano a coprire il lezzo di macelleria, che accompagna tutti gli eserciti. Ovunque.
Sulla loro strada troveranno sempre – irridenti e fermi – gli antimilitaristi.
Nostra patria è il mondo intero!